Otto palestinesi sono stati uccisi in una grande operazione israeliana nel campo profughi di Jenin, in Cisgiordania, riporta l’Anp Wafa. Operazione (denominata "Muro di ferro") che per Netanyahu mira a "sradicare il terrorismo" nel campo, un bastione di gruppi militanti locali. Ci sono ancora sette donne nella lista dei 33 ostaggi che Hamas rilascerà nella prima fase dell’accordo raggiunto con Israele. Quattro di queste verranno liberate domenica
L’esercito israeliano lancia l’operazione ‘Muro di ferro’ in Cisgiordania. L’attacco delle IDF, preannunciato nei giorni scorsi e iniziato in mattinata, ha fatto fino a ora otto vittime e almeno 35 feriti, secondo l’ANP Wafa. I soldati israeliani hanno preso d’assalto il campo profughi di Jenin, uno dei 19 campi della Cisgiordania costruiti dopo la creazione di Israele nel 1948 per ospitare i palestinesi sfollati, considerato da Israele un centro di resistenza armata palestinese all’occupazione israeliana e un focolaio di attivita’ terroristiche.
“Siamo ancora in guerra, ma c’è un’opportunità per il cambiamento. Il cessate il fuoco è iniziato domenica ed è stato un momento molto significativo, una grande benedizione, perché stiamo lavorando per riportare a casa gli ostaggi”, ha detto il presidente israeliano Isaac Herzog intervenendo al World Economic Forum a Davos. Tuttavia, ha sottolineato Herzog, la situazione rimane critica perché l’Iran continua a sponsorizzare il terrorismo utilizzando le formazioni terroristiche nella regione, dagli Houthi ad Hamas.
Ci sono ancora sette donne nella lista dei 33 ostaggi che Hamas rilascerà nella prima fase dell’accordo raggiunto con Israele. Quattro di queste verranno liberate domenica, come ha anticipato il funzionario di Hamas Taher al-Nunu. Gioia per le tre donne israeliane prese in ostaggio il 7 ottobre e per le centinaia di detenuti palestinesi liberati.
Gaza è ridotta in macerie ma, con la tregua, non ha più paura delle bombe. “Risorgerà”, dice Hamas. Nelle prossime settimane probabile visita di Netanyahu a Washington. Il ministero della Salute nella Striscia di Gaza gestita da Hamas ha dichiarato oggi che sono 47.107 le persone uccise nella guerra tra Israele e Hamas, con il bilancio che continua a salire nonostante un cessate il fuoco, con nuovi ritrovamenti di corpi sotto le macerie.
Il capo di stato maggiore israeliano Herzi Halevi ha annunciato con una lettera al ministro della Difesa che lascerà il comando dell’Idf il 6 marzo prossimo. “Stiamo per realizzare uno degli obiettivi più importanti della guerra, il ritorno dei rapiti. Siamo molto determinati e sappiamo per cosa stiamo combattendo: lo smantellamento di Hamas, il rilascio degli ostaggi e il ritorno dei cittadini ai confini con Gaza. La missione principale dell’Idf è proteggere il Paese. Abbiamo fallito in questo. Lo porto e lo porterò con me per il resto della mia vita”, ha riferito. Lascerà il suo incarico anche il capo del comando sud dell’Idf Yaron Finkelman. Secondo Halevi le forze israeliane hanno ucciso 20.000 miliziani di Hamas durante 15 mesi di guerra a Gaza.

Approfondimenti:
Per ricevere le notizie di Sky TG24:
“Siamo il volto dell’America. La nostra politica estera deve riflettere i nostri interessi nazionali. Promuovere la pace è la nostra missione nel mondo, è nel nostro interesse nazionale”. Lo ha detto il segretario di stato Marco Rubio rivolgendosi per la prima volta ai funzionari del Dipartimento di stato.
Il capo di stato maggiore israeliano dimissionario, il generale Herzi Halevi, ha affermato che le forze israeliane hanno ucciso 20.000 miliziani di Hamas durante 15 mesi di guerra a Gaza. “L’ala militare di Hamas è stata gravemente colpita”, ha affermato Halevi durante un discorso televisivo poche ore dopo aver annunciato le sue dimissioni, affermando che Israele aveva ucciso i massimi dirigenti del gruppo e “quasi 20.000 operativi di Hamas”.
Il ministero della Salute nella Striscia di Gaza gestita da Hamas ha dichiarato oggi che sono 47.107 le persone uccise nella guerra tra Israele e Hamas, con il bilancio che continua a salire nonostante un cessate il fuoco, con nuovi ritrovamenti di corpi sotto le macerie. Il cessate il fuoco entrato in vigore domenica, ponendo fine a oltre 15 mesi di combattimenti nel territorio palestinese, ha permesso alle persone di setacciare le rovine, trovando così altri morti. Altre persone sono inoltre morte per le ferite ricevute prima della fine dei combattimenti, mentre il sistema sanitario del territorio è devastato dalla guerra. Secondo il ministero della Sanità il numero di feriti ha raggiunto quota 111.147 dall’inizio della guerra, il 7 ottobre 2023. I corpi di 72 persone “sono arrivati ;;negli ospedali… nelle ultime 24 ore”, ha affermato il ministero della Salute in una dichiarazione. “Alcune vittime sono ancora sotto le macerie e sulle strade, e le ambulanze e le squadre della protezione civile non sono in grado di raggiungerle”, ha aggiunto. Il ministero ha frattanto invitato le famiglie delle persone uccise o disperse in guerra a registrarsi online per aiutare nell’identificazione dei corpi e per compilare un bilancio delle vittime più accurato.
“Siamo ancora in guerra, ma c’è un’opportunità per il cambiamento. Il cessate il fuoco è iniziato domenica ed è stato un momento molto significativo, una grande benedizione, perché stiamo lavorando per riportare a casa gli ostaggi”. E’ quanto ha detto il presidente israeliano Isaac Herzog intervenendo al World Economic Forum a Davos. Tuttavia, ha sottolineato Herzog, la situazione rimane critica perché l’Iran continua a sponsorizzare il terrorismo utilizzando le formazioni terroristiche nella regione, dagli Houthi ad Hamas. “I proxy sono tutti sostenuti dall’Iran, comandati, controllati e addestrati da Teheran. L’impero del male continua a spendere milioni e lavora ancora oggi per seminare terrore, correndo verso la bomba nucleare”. “Non dobbiamo cadere in un falso ottimismo – ha aggiunto – ma restare lucidi. Esiste una reale opportunità per cambiare il corso del Medio Oriente in meglio, ma i rischi restano enormi finché questo regime in Iran continuerà i suoi sforzi, e l’Iran in nessun caso deve arrivare ad avere l’atomica”. In ogni caso, la chiave per aprire la porta del cambiamento è la liberazione degli ostaggi. “Ne abbiamo ancora molti prigionieri di Hezbollah che sono sottoposti a torture barbariche”, ha concluso Herzog.
“Stiamo per realizzare uno degli obiettivi più importanti della guerra, il ritorno dei rapiti. Siamo molto determinati e sappiamo per cosa stiamo combattendo: lo smantellamento di Hamas, il rilascio degli ostaggi e il ritorno dei cittadini ai confini con Gaza. La missione principale dell’Idf è proteggere il Paese. Abbiamo fallito in questo. Lo porto e lo porterò con me per il resto della mia vita”. Lo ha ribadito in una dichiarazione video sul canale dell’esercito il capo di stato maggiore israeliano Herzi Halevi che oggi ha annunciato con una lettera al ministro della Difesa che lascerà il comando dell’Idf il 6 marzo prossimo.
Un presunto jihadista che si era radicalizzato con contenuti diffusi in Internet dallo Stato Islamico e un combattente ritornato dalla Siria, che aveva tentato di entrare clandestinamente in Spagna, sono stati arrestati rispettivamente nella provincia di Valencia, nel sudest della penisola iberica, e a Ceuta, l’enclave spagnola in Marocco, nell’ambito di operazioni messe a segno dalla guardia civile da inizio anno. Entrambe sono state coordinate dalla sezione istruttoria n.1 dell’Audiencia Nacional, il tribunale nazionale competente per i reati di terrorismo, segnalano fonti della guardia civile riprese dall’agenzia Efe. Secondo gli investigatori, l’arrestato nella provincia di Valencia da anni aveva intrapreso un percorso di radicalizzazione attraverso la propaganda dell’Isis su piattaforme internet, eliminate di recente nel corso di un’operazione internazionale antiterrorista cui hanno preso parte agenti della guardia civile. Per l’arrestato, comparso davanti al giudice per la convalida del fermo, il tribunale ha disposto la detenzione preventiva. L’uomo arrestato a Ceuta è di origini tunisine ed aveva tentato di entrare illegalmente nel territorio spagnolo. Dalle indagini è emerso che si era trasferito in Siria nel 2016 per unirsi a gruppi terroristi. Dopo il fermo, il tribunale ha disposto nei suoi confronti l’espulsione immediata nel Paese d’origine, a Tunisi, eseguita dagli agenti della benemerita in coordinamento con il Gruppo centrale di espulsioni della polizia spagnola.
Violenti scontri sono scoppiati oggi tra forze di sicurezza e uomini armati nella provincia di Homs, nella Siria centrale, che hanno causato la morte di sei persone, ha riferito l’Osservatorio siriano per i diritti umani. Le forze di sicurezza hanno lanciato una “vasta operazione di rastrellamento nel villaggio di Ghor al-Gharbiya, nella parte occidentale di Homs, contro le ultime milizie che sostengono” il presidente deposto Bashar al-Assad, ha affermato l’agenzia di stampa ufficiale Sana. L’operazione ha come obiettivo “trafficanti di droga, contrabbandieri e ciò che resta delle milizie di Assad che si sono rifiutate di deporre le armi”, ha aggiunto Sana, citando una fonte della sicurezza. “Lì è stato trovato un deposito di armi e munizioni appartenenti al regime defunto”, ha continuato, segnalando violenti scontri. Secondo l’Osservatorio, gli scontri hanno causato sei morti nel villaggio, popolato principalmente da sciiti e situato vicino al confine libanese. Il direttore della Ong, Rami Abdel Rahmane, ha dichiarato all’Afp che il villaggio “ospitava gruppi locali vicini agli Hezbollah libanesi, che hanno abbandonato la regione dopo la caduta del regime di Assad”, l’8 dicembre.
Il conflitto israelo-palestinese, alla luce dell’intesa per il cessate il fuoco tra Israele e Hamas nella Striscia di Gaza, è stato tra gli argomenti di una conversazione telefonica avvenuta oggi tra i presidenti russo, Vladimir Putin, ed egiziano, Abdelfattah al-Sisi. “A questo proposito – sottolinea il Cremlino sul suo canale Telegram – Putin ha molto apprezzato gli sforzi di mediazione dell’Egitto e di numerosi altri Paesi per facilitare il raggiungimento dell’accordo”. “I due leader – sottolinea ancora il Cremlino – hanno scambiato opinioni sulla situazione in Siria, sottolineando la necessità del rispetto incondizionato della sovranità e dell’integrità territoriale di questo Paese, garantendo i diritti legali di tutti i suoi cittadini, indipendentemente dalle loro convinzioni politiche e affiliazione etno-confessionale”. Sono state infine affrontate le questioni della cooperazione bilaterale e l’attuazione di importanti progetti congiunti, tra cui la costruzione della prima centrale nucleare di El-Dabaa in Egitto e la creazione di una centrale nucleare russa nella zona industriale del Canale di Suez.
Il ministro delle Finanze israeliano di estrema destra, Bezalel Smotrich, ha accolto con favore l’annuncio delle dimissioni del capo di stato maggiore, Herzi Halevi, che lui stesso aveva invocato più volte, pur elogiandone i “grandi successi militari su tutti i fronti” durante l’attuale guerra. “Il prossimo periodo sarà segnato dalla sostituzione del comando militare senior come parte dei preparativi per la ripresa della guerra, questa volta in nome del non porre fine alla guerra fino alla vittoria totale – ha quindi sottolineato il leader di Sionismo religioso, citato da Times of Israel -. Sono fiducioso che il ministro della Difesa riuscirà nel compito con responsabilità, professionalità e determinazione, e lo assisterò in questo se necessario”. Nei giorni scorsi Smotrich, contrario all’accordo per la tregua e il rilascio degli ostaggi, ha minacciato di “rovesciare” il governo di Benyamin Netanyahu se l’Idf non occuperà Gaza.
Due magistrati francesi hanno spiccato un nuovo mandato d’arresto internazionale per “complicità in crimini di guerra” contro l’ex presidente siriano, Bashar al-Assad, considerato responsabile nelle sue vesti di ”comandante in capo delle forze armate” di un raid che uccise un civile a Daraa, nel 2017: è quanto riferiscono fonti vicine al dossier giudiziario citate dall’agenzia Frace Presse. Si tratta del secondo mandato d’arresto spiccato da giudici francesi contro l’ex dittatore siriano, rovesciato a inizio dicembre 2024 dalla coalizione ribelle dominata dal gruppo islamico radicale Hayat Tahrir al-Sham (Hts)
“Siamo tanto felici nel ringraziare papa Francesco per il suo continuo aiuto e gli sforzi profusi a nostro favore. Dal profondo del nostro cuore, lo ringraziamo e chiediamo al Signore di benedire lui e il suo lavoro spirituale e umanitario a Gaza e in tutto il mondo”: è il testo del breve messaggio che la parrocchia latina della Sacra Famiglia, l’unica cattolica di Gaza, ha inviato al Pontefice. A renderlo noto – riferisce il Sir – è il Patriarcato latino di Gerusalemme, che oggi ha diffuso un’intervista al parroco, padre Gabriel Romanelli, in seguito all’annuncio del cessate il fuoco a Gaza. “Il rumore delle esplosioni e dei droni è finalmente cessato, offrendo sollievo a molti. Diversi fedeli – spiega il parroco di origini argentine – hanno lasciato la parrocchia per controllare le loro case o ciò che ne rimaneva. Alcuni hanno scoperto che sono state completamente distrutte, mentre altri non riescono a più localizzarle e persino a riconoscere i quartieri in cui un tempo vivevano”. “Il cessate il fuoco – racconta il religioso – ha destato emozioni di gioia e speranza. È un passo avanti significativo, che offre speranza, ma non segna la fine del conflitto. Preghiamo affinché questo sia l’inizio di una pace duratura. Facciamo affidamento sugli sforzi internazionali per porre fine alla guerra e concentrarci sul futuro del Medio Oriente e della Terra Santa”. Davanti adesso c’è l’enorme opera di ricostruzione, materiale e morale della Striscia e dei suoi abitanti: “La prima fase della ricostruzione, che dovrebbe durare 42 giorni, è piena di sfide – rimarca il parroco -. Le persone cercano disperatamente aiuti per far fronte a gravi carenze di beni essenziali come acqua, carburante e cibo. Le difficoltà sono palpabili, ma lo sono anche la speranza e la resistenza, mentre la comunità si aggrappa alla possibilità di tornare a una sorta di normalità”. La parrocchia, sin dall’inizio della guerra, è sempre stata impegnata a dare aiuto a chi era più nel bisogno, non solo cristiani, ma anche famiglie musulmane delle zone vicine alla chiesa. “Grazie agli sforzi del Patriarcato latino e del Malteser International – dichiara padre Romanelli – gli aiuti alimentari continuano a raggiungere migliaia di famiglie, soprattutto con il recente arrivo di nuove spedizioni. Siamo anche concentrati sull’organizzazione della vita pastorale della parrocchia. Ciò include garantire la sicurezza di tutti, continuare a pregare e mantenere le attività quotidiane, nonostante le circostanze difficili. In mezzo ai tumulti – aggiunge – ci impegniamo a garantire che l’istruzione dei bambini continui, anche se solo parzialmente, per coloro che si rifugiano nella parrocchia. Pertanto, è stato riservato del tempo specifico per le attività educative, con l’obiettivo di mantenere gli studenti sulla buona strada per l’anno scolastico, con particolare attenzione alla preparazione del Tawjihi, l’esame finale delle scuole secondarie. Ciò fornisce un senso di speranza tanto necessario adesso”. Ma l’opera della parrocchia non si ferma all’aiuto materiale e scolastico: “Insieme a Caritas Jerusalem e alle Suore di Madre Teresa, stiamo fornendo assistenza medica ai malati e ai bisognosi nei limiti delle nostre capacità. Inoltre, abbiamo formato confraternite maschili e femminili per promuovere un ambiente spiritualmente arricchente, tra cui un’attenzione allo sviluppo del coro e incoraggiando un’esplorazione più profonda della fede”. “Siamo pieni di speranza e stiamo lavorando per ricostruire il nostro futuro”, ribadisce padre Youssef Assad, vicario parrocchiale.
Sostegno a un cessate il fuoco “a lungo atteso” e auspicio che sia adesso “attuato in pieno, incluso nelle tappe previste per “la liberazione di tutti gli ostaggi” rimasti nelle mani di Hamas. Così il primo ministro britannico Keir Starmer in una conversazione telefonica con l’omologo israeliano Benyamin Netanyahu di cui dà conto oggi Downing Street. Nella telefonata i due leader hanno convenuto sulla prospettiva di “una soluzione pacifica e permanente” nella Striscia di Gaza che “garantisca la sicurezza d’Israele”, si legge nella nota. Mentre Starmer ha ricordato come Londra resti ferma nel sostegno a “un processo politico” di pace complessivo che “deve condurre anche a uno Stato palestinese sostenibile e sovrano”. Ribadita poi la partnership fra il Regno Unito e lo Stato ebraico in materia di “difesa e sicurezza” per garantire “la stabilità regionale” del Medio Oriente, in particolare di fronte alle “minacce” attribuite all’Iran, il premier laburista ha infine rivolto “un ringraziamento personale al lavoro svolto dal governo israeliano per assicurare il rilascio degli ostaggi”: “in particolare”, fra i primi, “di Emily Damari”, cittadina britannica oltre che israeliana. “Vedere le immagini di Emily tornata finalmente fra le braccia della sua famiglia – ha concluso Starmer – è stato meraviglioso, ma è pure un memento dei costi umani del conflitto”.
Il governo palestinese ha condannato le misure aggressive israeliane contro il popolo palestinese, l’ultima delle quali è stato l’assalto alla città di Jenin e al suo campo, che ha provocato l’uccisione di otto palestinesi e il ferimento di altri 35. Lo riferisce l’agenzia di stampa dell’Anp Wafa.
Il capo del comando sud dell’Idf Yaron Finkelman ha scritto al capo di stato maggiore Herzi Halevi Halevi per annunciare che lascia il suo ruolo. Lo rende noto l’ufficio stampa dell’Idf. “Guidato dalla mia bussola morale e dai valori che mi guidano, ho deciso di lasciare il mio ruolo di ufficiale comandante del comando sud e di terminare il mio servizio nell’Idf. Il 7 ottobre ho fallito nel difendere il Negev occidentale e i suoi amati ed eroici residenti. Questo fallimento rimarrà impresso in me per il resto della mia vita. Per responsabilità nei confronti dello Stato di Israele, degli amati e cari residenti del confine con Gaza, dell’Idf e dei miei soldati, da allora ho lavorato per guidare la guerra contro Hamas e le organizzazioni terroristiche di Gaza. Con profondo dolore, porterò per sempre nel mio cuore il ricordo dei caduti. I migliori dei nostri figli e delle nostre figlie, coraggiosi nello spirito, nel cuore e nelle azioni”, ha scritto Finkelman.
Il leader dell’opposizione israeliana Yair Lapid è tornato a chiedere le dimissioni del premier Benyamin Netanyahu, dopo che il capo di stato maggiore Herzi Halevi ha annunciato le sue dimissioni per il fallimento del 7 ottobre. “Rendo omaggio al capo di stato maggiore, il generale Halevi. Ora lasciamo che il primo ministro e tutto il suo catastrofico governo si assumano le loro responsabilità e si dimettano”, ha scritto Lapid su X.
Mosca e Teheran sono sempre più vicini. I presidenti Putin e Pezeshkian hanno firmato un “trattato di partenariato strategico globale” con cui è stata potenziata la cooperazione militare e d’intelligence. Un accordo definito “una vera svolta” che amplierà la proiezione russa nel settore dell’energia nucleare iraniana (LEGGI L’ARTICOLO)
Insieme al capo di Stato maggiore dell’esercito israeliano, Herzi Halevi, per le responsabilità avute nel fallito contrasto all’attacco di Hams del 7 ottobre 2023 si è dimesso anche il generale Yaron Finkelman, capo del comando militare Sud di Israele, responsabile di Gaza. Le dimissioni di entrambi i generali giungono a pochi giorni dal cessate il fuoco con Hamas, che ha posto fine a 15 mesi di guerra innescati dall’attacco piu’ mortale nella storia di Israele. 
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha parlato con il generale Herzi Halevi dopo che l’Idf ha annunciato le sue dimissioni da capo dell’esercito e lo ha ringraziato per il lungo servizio reso al Paese. Netanyahu “ha ringraziato il capo di stato maggiore dell’Idf per i suoi molti anni di servizio e il suo comando dell’Idf” durante gli ultimi 15 mesi di guerra “che hanno portato a grandi risultati per lo Stato di Israele”, afferma l’ufficio del primo ministro. I due dovrebbero incontrarsi nei prossimi giorni. Halevi ha detto oggi che intende dimettersi dal suo incarico a partire dal 6 marzo, citando il suo “fallimento” nell’impedire l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023. 
Gli Houthi dello Yemen hanno affermato oggi che limiteranno i loro attacchi nel Mar Rosso alle imbarcazioni collegate a Israele durante il cessate il fuoco nella guerra di Gaza. “Abbiamo informato le compagnie di navigazione internazionali che le nostre operazioni militari si concentreranno esclusivamente sulle imbarcazioni collegate” a Israele durante la tregua, ha detto un funzionario Houthi all’Afp in condizione di anonimato. Tra le imbarcazioni prese di mira nel Mar Rosso e nel Golfo di Aden in solidarietà con i palestinesi da novembre 2023 c’erano quelle che i ribelli ritenevano fossero collegate a Israele, Stati Uniti e Regno Unito. Il funzionario Houthi ha anche affermato che il suo movimento interromperà i suoi attacchi contro le navi collegate a Israele una volta che ogni fase dell’accordo di cessate il fuoco tra Israele e Hamas sarà stata implementata.  
E’ salito a sette morti e 35 feriti il bilancio delle vittime dell’operazione militare lanciata dalle forze israeliane nel campo profughi di Jenin, nel nord della Cisgiordania. Lo ha riferito il ministero della Salute dell’Autorità nazionale palestinese. 
Otto palestinesi sono stati uccisi in una grande operazione israeliana nel campo profughi di…
"Quando guardiamo agli Usa dall’Europa come nostri alleati è chiaro che si tratta di alleati…
Il tycoon il 20 gennaio ha giurato come 47esimo presidente degli Stati Uniti. Nel suo discorso di…
Il rogo è divampato verso mezzanotte nella sala ristorante dell’hotel Grand Kartal, una struttura…
La giornata dell’insediamento di Donald Trump come 47esimo presidente degli Stati Uniti è stata…
Per il consumatore clicca qui per i Moduli, Condizioni contrattualiPrivacy & Cookiesinformazioni sulle modifiche contrattuali o per trasparenza tariffariaassistenza e contatti. Tutti i marchi Sky e i diritti di proprietà intellettuale in essi contenuti, sono di proprietà di Sky international AG e sono utilizzati su licenza. Copyright 2025 Sky Italia – Sky Italia Srl  Via Monte Penice, 7 – 20138 Milano P.IVA 04619241005. SkyTG24: ISSN 3035-1537 e SkySport: ISSN 3035-1545. Segnalazione Abusi

source

Di NewsBot