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Intervista all’amministratore delegato del vettore low cost. La battaglia contro l’addizionale pari ad almeno 6,5 euro di tasse per ogni passeggero, l’attacco alle società di gestione, le tariffe «stabilizzate»
La prima compagnia low cost d’Europa (e del mondo) e il vettore più utilizzato in Italia per spostarsi in aereo torna alle origini: investendo di più negli aeroporti secondari e regionali nel nostro Paese mentre ingaggia una guerra senza esclusione di colpi contro i grandi scali, a partire da quello di Roma Fiumicino. «Non siamo obbligati a volare nello scalo della Capitale italiana e non siamo nemmeno tenuti ad aumentare la nostra presenza», avverte durante una chiacchierata a Milano con il Corriere Eddie Wilson, amministratore delegato di Ryanair, la principale aviolinea del gruppo omonimo che include pure Malta Air, Lauda Europe e Buzz. Anche per questo il colosso a basso costo decide di togliere un Boeing 737 tra quelli posizionati a Fiumicino.
Wilson — che è volato da Dublino a Linate con il Boeing 737 della compagnia che nello scalo cittadino milanese non opera — non si tira certo indietro, in linea con le uscite del padre-padrone Michael O’Leary. E sia a Milano, sia a Roma ripete le parole d’ordine della low cost: togliere l’addizionale comunale (pari ad almeno 6,5 euro di tasse per ogni passeggero in partenza dagli scali italiani) per consentire al vettore irlandese di posizionare nel nostro Paese più aerei e portare quindi più passeggeri-turisti. «In tutta la penisola bisogna copiare quanto successo a Trieste, Pescara e in Calabria», dice Wilson.


Eddie Wilson, ceo di Ryanair (foto Imagoeconomica)
Nelle ultime settimane Ryanair ha lanciato tante promozioni tariffarie. Che succede? Avete maggiori difficoltà a vendere i voli?
«I nostri risultati finanziari relativi al trimestre ottobre-dicembre usciranno lunedì, quindi non posso dire molto su questo».
Riformulo: avete di nuovo problemi sulle tariffe, com’è accaduto l’estate scorsa?
«La situazione sta migliorando, si sta stabilizzando».
Negli Stati Uniti diverse compagnie ultra low cost e low cost hanno mostrato segni di crisi. E in Europa?
«I grandi vettori americani competono direttamente con le low cost su molte fette di mercato. E ci sono caratteristiche diverse in termini di forza finanziaria di società come Spirit Airlines e il modello di Southwest è in declino negli ultimi anni. In Europa la situazione è quasi inversa: è Ryanair, quindi una low cost, ad avere la posizione finanziaria più forte nel settore. E qui i grandi vettori hanno bilanci compromessi e cercano di evitare la competizione diretta con i vettori a basso costo».
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Anche in Italia?
«Nel vostro Paese abbiamo trasportato 65 milioni di passeggeri negli ultimi dodici mesi. La frequenza con cui operiamo da alcuni aeroporti italiani rende molto difficile per chiunque competere con noi a livello di prezzo. Quando ho iniziato con Ryanair volavamo tre volte a settimana da aeroporti secondari».
E ora?
«La situazione si è invertita: voliamo due volte al giorno su molte di queste rotte, mentre i vettori tradizionali faticano a tenere il passo. Abbiamo anche una struttura che ci consente di catturare il traffico business già all’inizio della giornata. E poi perché distingue tra low cost e non?».
Perché sono i diversi modelli…
«Solo chi ha una certa età, come me, fa ancora la distinzione tra low cost e non. I miei figli non la fanno. Per loro il punto è: a che ora parte il volo? Quanto costa? Posso pagare extra o no per mantenere il costo basso? E mi farà arrivare in orario? Questo è ciò che interessa».
di  Leonard Berberi
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Ha menzionato gli aeroporti secondari. Altri vettori locali come easyJet si concentrano sempre di più sugli aeroporti principali.
«Perché il nostro modello di business considera due aspetti, in particolare: i costi aeroportuali e le tasse. In Italia, con l’abolizione dell’addizionale municipale in aeroporti come Trieste e quelli calabresi, abbiamo dimostrato che chi toglie ottiene più offerta di posti».
La Germania resta una nota dolente per voi…
«In alcuni aeroporti tedeschi le tariffe aeroportati sarebbero tra i 55 e i 60 euro per passeggero. Cosa che per noi non va per niente bene. Berlino, la capitale della più grande economia d’Europa, ha lo stesso numero di aerei Ryanair di Weeze, al confine con l’Olanda».
E secondo lei cosa significa questo?
«Racconta due cose, sulla Germania. La prima: quanto può essere innovativo e positivo un aeroporto secondario per attrarre traffico con i nostri costi e tariffe. La seconda: la pessima pianificazione di Berlino, che ha un terminal costato cinque miliardi di euro e che persino easyJet ha abbandonato».
(Su questo punto i numeri forniti dalla piattaforma specializzata Cirium mostrano che nei primi sei mesi del 2025 l’offerta di easyJet a Berlino aumenta di circa il 2% rispetto all’anno scorso)
di  Leonard Berberi
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Ha avuto qualche frizione anche con Aena, la società che gestisce quasi tutti gli aeroporti spagnoli.
«Ho fatto notare loro che i loro prezzi per gli aeroporti regionali sono sbagliati, sono troppo alti. In Europa c’è meno capacità, e loro gestiscono gli scali regionali come se fossero principali. Ho detto loro: “Ma nei vostri aeroporti regionali non c’è nessuno. E vi stiamo dicendo che i prezzi sono sbagliati”».
Loro sostengono che i prezzi applicati ai vettori sono gli stessi degli ultimi anni.
«Sì, ma se gli incentivi non funzionano e i prezzi non funzionano, uno può dire quello che vuole. Ma se il traffico non arriva, indovini un po’? I prezzi sono sbagliati».
Vedo lì che ha la tabella dei costi dei vettori per passeggero.
«Per dire cosa? Che io come Ryanair posso gestire il costo del personale e l’efficienza. Non posso controllare le tariffe delle rotte, quelle sono uguali per tutte le compagnie aeree. Possiamo controllare le spese di proprietà e manutenzione degli aerei perché abbiamo acquistato gli aerei Boeing, investiamo negli hangar e acceleriamo i tempi di rotazione degli aeromobili. E sui costi per le vendite e il marketing, beh… abbiamo Michael O’Leary. Ma se io posso gestire tutte queste voci e poi in Germania mi chiedono 55 euro a passeggero — tra tasse aeroportuali, handling, spese per i controlli di sicurezza, tasse ambientali, eccetera — quando gli scali di altri Paesi si fermano a 8 euro, capisce che per noi è cruciale. E tutto questo si riflette sulle tariffe».
di  Leonard Berberi
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Ma questi numeri dimostrano anche che siete bravi a ottenere incentivi.
«No. Ciò che riflette è l’uso di aeromobili più grandi, con più posti, che volano più frequentemente per abbassare il costo medio. Il nostro obiettivo finanziario è di 10 euro di profitto a passeggero. E quel profitto deve essere reinvestito per acquistare nuovi aerei e mantenere bassi i costi. Quindi il costo variabile è rappresentato dalle tasse aeroportuali e di accesso. Ecco perché insistiamo sempre su questo punto. È così facile che quella base di costo aumenti, il che inevitabilmente farebbe aumentare le nostre tariffe. E il nostro modello si basa su tariffe basse per riempire gli aerei. È semplice. Gli incentivi danno l’idea di sussidi».
Beh, è quello in realtà su diversi aeroporti europei…
«Quello che vogliamo è un modello che garantisca accesso ad altre persone. Ecco perché Bergamo funziona».
Dove ogni anno ricevete milioni di euro di incentivi all’attività volativa…
«Non riceviamo sussidi da Bergamo. Quello che garantiamo agli aeroporti è fornire con assoluta certezza un certo numero di passeggeri. Volumi che poi consentono agli scali di ampliare il terminal, mettere negozi, parcheggi. Guardi proprio a Bergamo: quando abbiamo aperto la base, nel 2004, era uno scalo solo per il cargo. Oggi è il terzo aeroporto d’Italia per viaggiatori. Ed è quello che diciamo agli spagnoli di Aena, per esempio».
E loro che rispondono?
«Hanno un atteggiamento di superiorità. Pensano di sapere come gestire gli aeroporti. Contenti loro. Ma indovini un po’? Nessuno vuole andare in un aeroporto. Tutti vogliono solo passarci velocemente. Chi vuole stare in fila per la sicurezza? Chi vuole prendere un treno per arrivare in aeroporto? Nessuno. Tutti vogliono un caffè, bagni puliti, sicurezza veloce, parcheggio economico e un facile accesso per entrare e uscire, per raccogliere i parenti o lasciarli. Salire su un aereo e arrivare dove vogliono andare».
Un po’ riduttiva come descrizione: ci sono scali in cui è piacevole trascorrere un po’ di tempo prima del volo…
«Per niente. La gente non vuole andare negli aeroporti, non vuole nemmeno salire sugli aerei. Vogliono solo arrivare dove devono andare».
di  Leonard Berberi
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Nelle ultime settimane discussioni difficili le avete avute anche con Aeroporti di Roma che gestisce Fiumicino e Ciampino. La disputa, come sempre con voi, è sugli incentivi.
«Niente affatto. Non vogliamo più soldi. Vogliamo solo che abbassino i costi».
Che per voi e altre low cost si ottiene con gli incentivi all’attività volativa…
«Sa quanto costa attraversare l’aeroporto di Fiumicino come passeggero? 48 euro, su una tariffa che per noi spesso parte da 29 euro».
Sì, ma 29 euro non è la tariffa media, è quella minima appunto. In alcuni voli vostri si arriva anche a 200 euro a volo, extra esclusi.
«Ma il nostro modello di business funziona riempiendo l’aereo. Su una nuova rotta forse l’80% dei passeggeri paga 29 euro. E sono assolutamente felici. Non gliene frega niente del costo dell’aeroporto di Fiumicino. Vogliono solo la connessione. Ma per noi è una perdita».
E Aeroporti di Roma come reagisce alle vostre richieste?
«Con la mentalità del grande aeroporto. Ci dicono: “Stiamo costruendo questo, stiamo costruendo quello”. Nessuno se ne frega. Un aeroporto è solo un’interruzione nella recinzione attorno alla pista».
Non è proprio così. All’interno ci sono diverse opzioni, anche di qualità.
«Come cosa? Puoi comprare un gelato nel nuovo negozio di gelati lì. È fantastico. C’è una bella fontanella all’ingresso. Bene per loro. Ma non interessa a nessuno. E Ryanair non è tenuta a volare a Roma».
Beh, è un mercato importante per voi.
«Ma non c’è un obbligo a crescere a Roma. Perché ci sono molte altre opzioni. Ma per noi non è competitiva. E questo lo deve capire anche il governo. Tutti conoscono la vostra capitale. La domanda è: posso arrivarci? E l’unico modo per arrivarci è volare. E se le compagnie aeree scelgono di non andarci, allora non puoi arrivarci».
di  Leonard Berberi
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Roma però è un hub.
«Infatti il problema è che Fiumicino compete con Madrid. E in realtà, nel mondo di Ryanair, Roma compete con Pescara. Non perché le persone andranno a Pescara, ma perché la compagnia sceglie di mettere i voli a Pescara. E perché dovremmo metterla a Roma, dove ci sono i costi più alti e la tassa municipale, mentre a Pescara non c’è tassa municipale e le tariffe aeroportuali sono tra le più basse?».
Non è che sentite a Fiumicino anche la competizione con Wizz Air?
«No. Se abbiamo sistemato i costi, come abbiamo fatto, allora la competizione per noi non è un problema. È Wizz ad avere problemi con la competizione, perché quando sono entrati a Roma, si sono infilati in tutte le rotte in cui Ryanair non era presente. Volano a Reykjavik, a Kuwait, e in altri posti dove Ryanair non opera. Perché il loro modello di costi non li rende competitivi sulle tariffe».
Avete molte frequenze e una estesa rete di collegamenti in diversi aeroporti europei, come Bergamo. Pensate un giorno di consentire ai passeggeri di acquistare in un’unica soluzione due voli operati sempre da voi?
«A Bergamo ci sono le strutture per farlo. Ma vogliamo mantenere il sistema punto a punto, anche per questioni di rispetto del regolamento Ue261 sulla tutela dei viaggiatori. Ma con la tecnologia attuale è un tema che continuiamo a esaminare. Sarei sorpreso se non sviluppassimo qualcosa del genere all’interno della Ue».
Guardando all’estate 2025 dov’è che vi espanderete?
«Stiamo crescendo nelle regioni italiane, stiamo crescendo in Svezia, in Ungheria, in Marocco. Ovunque abbiamo avuto successo o i costi di accesso sono diminuiti stiamo aumentando l’offerta».
E nello specifico in Italia?
«Milano è stabile per l’estate, ma l’Abruzzo è passato da un aereo posizionato a Pescara a due. La Calabria ora è stata trasformata: è arrivata a 1,5 milioni di passeggeri. E guardi Trieste, diventato hub per quella regione, per la Slovenia, il sud dell’Austria e così via. Togliete le tasse e le persone investiranno. E questo è il messaggio per l’Italia: funziona nelle regioni, ma bisogna sistemare Roma».
di  Leonard Berberi
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Roma proprio la fa arrabbiare…
«Roma ha un grosso problema strutturale con i costi. Non possono aumentare l’offerta a Ciampino per i limiti imposti, ma devono consentire invece l’incremento dei voli. Fiumicino è troppo caro, e sta diventando sempre più caro. E quello che succederà è che Ita non crescerà. Non importa cosa si dica, non crescerà».
È arrivato a Milano atterrando a Linate. Ci sarà mai un giorno in cui volerete nel city airport milanese?
«No, no, no. I consumatori italiani possono aspettarsi le tariffe più alte a Linate, ora che easyJet si allarga pure. Oppure possono prendere l’autostrada per Bergamo e avere una selezione più ampia grazie a noi. Oppure possono prendere il treno veloce per Malpensa dove ci trovano pure lì con le nostre tariffe più basse di tutti».
lberberi@corriere.it

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22 gennaio 2025 ( modifica il 22 gennaio 2025 | 16:25)
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Di NewsBot