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Il caso Almasri è una questione politica davvero importante, molto importante, così importante che per discuterne ieri alla Camera non c’era nessuno. I pochi sopravvissuti alle fatiche del weekend esortavano giustamente la Meloni a venire in Parlamento, ma avrebbero fatto bene a estendere l’invito ai loro colleghi. Se ne contavano cinque del Pd, quattro dei Verdi-Sinistra e uno a testa di Azione + Italia viva + Europa = tre, con l’aggiunta di un paio di osservatori seduti sui banchi della maggioranza. Solo i Cinque Stelle, a onor del vero, erano presenti in forze.
D’accordo, era lunedì, ma non si può ignorare il contrasto stridente tra la drammaticità degli appelli a salvaguardia della democrazia e la desertificazione del luogo che ne rappresenta il presidio. Ho fatto in tempo a vedere in azione certi parlamentari della Prima Repubblica che sapevano destreggiarsi tra corridoi e sottoscala come tra regolamenti e procedure. Dei veri professionisti. Adesso il deputato sembra diventato una carica onorifica: si va alla Camera solo quando non si ha di meglio da fare, mentre il Parlamento dovrebbe essere anche un «Ascoltamento».


Le carriere si decidono altrove, nei collegi elettorali e, soprattutto, nelle segreterie dei partiti. Eppure, quell’emiciclo conserva un fascino simbolico e fa male al cuore vederlo deturpato in questo modo. Vi prego, signori: la prossima volta che volete salvare il mondo, abbiate la decenza di riunirvi in uno sgabuzzino.

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4 febbraio 2025, 06:38 – modifica il 4 febbraio 2025 | 08:12
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Di NewsBot