Stroncata a 15 anni da un’overdose. È finito in carcere l’uomo che, secondo la procura di Verona, ha ceduto alla giovanissima Nora Jlassi la droga che l’ha uccisa, in un appartamento Ater abbandonato. La giovane, in fin di vita, è stata trovata lo scorso 27 gennaio dai carabinieri nell’immobile di San Bonifacio, provincia di Verona. Ora in manette è finito un pusher nordafricano di 34 anni. Era stata la madre della ragazza, Lucia, la prima a puntare il dito contro uno spacciatore: «Mia figlia era talmente ingenua che si fidava anche di persone di cui non si sarebbe dovuta fidare. La facevano prostituire e in cambio dei soldi le davano una dose di cocaina, ma l’eroina non l’ha mai toccata. A San Bonifacio non è quasi mai andata, forse due volte. In quella casa è entrata per la prima volta». Proprio dalla casa abbandonata sono partite le indagini di carabinieri e polizia. Il pusher è stato individuato analizzando i filmati delle telecamere di sorveglianza della zona e grazie alle testimonianze raccolte negli ambienti della tossicodipendenza e tra gli amici della ragazza. Presto i sospetti sono ricaduti sull’arrestato, irregolare in Italia, con precedenti per spaccio.
LA RICOSTRUZIONE
Secondo la ricostruzione degli inquirenti, l’uomo avrebbe ceduto più volte cocaina a Nora. Le avrebbe dato droga anche il giorno della sua morte, dentro alla casa abbandonata, diventata un rifugio per tossicodipendenti. Insieme alla quindicenne italo-tunisina c’erano altre due persone: due conoscenti, entrambi denunciati e sotto inchiesta, che avrebbero organizzato e condiviso l’assunzione della cocaina. L’arresto del pusher è solo il primo tassello dell’inchiesta: gli investigatori vogliono ricostruire gli ultimi giorni di vita della ragazza, perché ci sono ancora punti oscuri. «Nell'ultimo periodo girava spesso con una brasiliana che non mi piaceva. Ho paura che in quella casa lei abbia venduto Nora agli spacciatori, forse l'hanno drogata con crac o eroina e le hanno fatto del male», ha detto la madre dell’adolescente. Mentre il padre ha dichiarato: «Ho ricevuto un messaggio vocale di Nora. Urlava chiedendo a me e a sua madre di aiutarla. Poi si sentiva in sottofondo la voce di una donna che le intimava di dirci che stava bene». Accertamenti anche sulla vita di Nora, che aveva abbandonato la scuola da due anni, senza nemmeno prendere la licenza di terza media. Appena compiuti 12 anni era entrata nella Comunità di San Patrignano, ma era scappata e aveva continuato a consumare droga, assentandosi anche per giorni. Era passata da casa l’ultima volta il 23 gennaio, per farsi una doccia, cambiarsi e uscire di nuovo.
I PRECEDENTI
Una storia che ricorda quella di Desirée Mariottini, la sedicenne di Cisterna di Latina lasciata morire di overdose il 19 ottobre 2018 in uno stabile abbandonato in via dei Lucani, nel quartiere San Lorenzo, a Roma. Una vicenda per la quale sono stati condannati Mamadou Gara, Alinno Chima, Brian Minthe e Yusif Salia, accusati, a seconda delle posizioni, di omicidio, violenza sessuale e spaccio. Per l’ultimo dei tre è definitiva la condanna all’ergastolo. Quando la giovane aveva iniziato a stare male per il mix di droga e psicofarmaci che aveva assunto, invece di chiamare i soccorsi, non solo avevano deciso di non intervenire, ma avevano anche minacciato chi proponeva di fare arrivare un’ambulanza e allertare il 118. «Meglio lei morta che noi in galera», aveva detto Salia, secondo un testimone. Nel gennaio del 2018, un altro caso impossibile da dimenticare: Pamela Matropietro, 18 anni, era stata stuprata e assassinata da Innocent Oseghale, spacciatore nigeriano che poi aveva fatto a pezzi il suo cadavere. I resti erano stati messi in due valigie, abbandonate. Dall’autopsia era emerso che la giovane, dopo lo stupro, era stata colpita con due coltellate al fegato. Il cadavere era stato accuratamente lavato con della candeggina. Poi, smembrato e occultato.
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