Valerio Palombaro – Città del Vaticano
Nel pomeriggio di ieri la decisione delle Commissioni riunite Esteri e Difesa della Camera dei deputati italiana: slitterà quantomeno a marzo l’esame in aula del ddl per la riforma della legge 185 del 1990 sull’esportazione delle armi prodotte in Italia. Una norma che regola trasparenza e controllo dell’export degli armamenti e che rischia di essere depotenziata. Il rinvio è stato accolto con un sospiro di sollievo dalle organizzazioni sia laiche che cattoliche che, dalla scorsa settimana avevano rilanciato la campagna “Basta favori ai mercanti d’armi”, che riunisce oltre 200 associazioni della società civile. 
La riforma proposta dal governo italiano, già approvata mesi fa in Senato, a loro dire cancellerebbe ogni forma di trasparenza sulle banche che finanziano e traggono profitto dall’export delle armi. "L’auspicio delle nostre organizzazioni  – si legge in una nota diffusa oggi dalle organizzazioni della campagna – è che queste settimane in più, preziose per approfondimenti e riflessioni, non configurino solo un rinvio ‘procedurale’ e tecnico ma vengano utilizzate da governo e maggioranza come occasione di confronto nel merito anche delle nostre proposte", si legge in una nota diffusa oggi dalla campagna. "Indipendentemente dalla valutazione che si può avere dell’industria militare — si legge — la modifica attualmente in corso di approvazione, se confermata, creerebbe buchi normativi e fragilità decisionali davvero rilevanti: non possiamo permettercelo su un tema così delicato come l’invio di armi nel mondo".
A chiarire il quadro delle proposte migliorative, in un’intervista ai media vaticani, è Anna Fasano, presidente di Banca Etica.  «Che questa norma necessitasse di una rivisitazione, quindi anche di un miglioramento, è un’esigenza avvertita — premette Fasano — nessuno chiede che non venga toccata, ma che venga emendata in modo positivo, mentre quello che si è fatto fino ad ora è che si sta annacquando una normativa che diventerebbe inutile». Tra le criticità rilevate: la potenziale violazione del Trattato internazionale sul commercio delle armi del 2014, «che non viene contemplato nella nuova formulazione della legge creando un buco normativo da colmare». Altro problema, secondo la presidente di Banca Etica, riguarda il rispetto dei ruoli tra le istituzioni: la reintroduzione del Comitato interministeriale per gli scambi di materiali di armamento per la difesa sembra andare «nell’ottica di avocare al governo tutte le scelte sminuendo il ruolo del Parlamento in un processo chiuso e non di pubblico dominio». «Un altro aspetto essenziale — osserva — è impedire la cancellazione integrale della parte della Relazione annuale al Parlamento che riporta i dettagli dell’interazione tra banche e aziende militari».
La revisione della legge sull’export delle armi arriva in un contesto globale segnato drammaticamente dall’aumento delle spese militari, che nel 2024 ha toccato la cifra record di 2.443 miliardi di dollari. «Ma — secondo Fasano — in un momento in cui tutta la normativa, internazionale ed europea, ha un indirizzo rivolto alla trasparenza del settore finanziario, questa norma appare fuori tempo e in contrasto con l’indirizzo generale». Le banche, attraverso i loro finanziamenti, determinano il tipo di economia e di società in cui viviamo: il loro operato non può essere sottratto al dovere di trasparenza. «Non è tanto il sistema bancario che ha necessità di creare questa opacità –  conclude Fasano —. Coloro che immaginano solo nella finanza gli “oscuratori”, dovrebbero guardare agli interessi delle aziende del settore».
Va precisato inoltre che l’attuale legge 185/1990 non vieta l’export di armi italiane, ma prevede un sistema di controllo affinché queste operazioni non coinvolgano Paesi in conflitto o responsabili di gravi violazioni dei diritti umani. In un appello diffuso nei giorni scorsi da Acli, Agesci, Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, Azione Cattolica Italiana, Movimento dei Focolari Italia, Pax Christi Italia, viene evidenziato ad esempio come la legge 185 abbia permesso, grazie alla pressione della cittadinanza attiva, di interrompere dal 2019 al maggio 2023 la partenza dall’Italia di migliaia di armi destinate ad essere usate nel confitto nello Yemen. Dalle associazioni cattoliche, infine, un appello «alla coscienza dei parlamentari contro il falso realismo della guerra».
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Di NewsBot