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Oggi, lunedì 20 gennaio, Donald Trump si insedia come 47esimo presidente degli Stati Uniti: la cerimonia, il giuramento e il discorso in diretta
Poche ore prima di cedere il potere a Donald Trump, Joe Biden ha concesso la grazia a rappresentanti eletti e funzionari pubblici per proteggerli da «procedimenti giudiziari ingiustificati e politicamente motivati». Lo
riferiscono i media americani. Tra questi anche Anthony Fauci, l’ex responsabile del National Institute of Allergy and Infectious Diseases che è diventato un parafulmine per le critiche della destra durante la pandemia di Covid-19. Tra le altre figure che Biden ha deciso di proteggere da Trump anche l’ex generale Milley.
Il primo ministro francese FranÇois Bayrou ha dichiarato che la Francia e l’Unione Europea saranno «schiacciate» dalle politiche annunciate dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che oggi giura, se non faranno nulla per reagire. «Gli Usa hanno deciso una politica incredibilmente dominante in termini di dollaro, di politica industriale, sugli investimenti», ha detto Bayrou in un discorso a Pau, la città di cui è sindaco. «Se non facciamo nulla, saremo dominati, schiacciati ed emarginati. Questa decisione che spetta a noi, ai francesi e agli europei, perché senza l’Europa non è possibile, è il modo per darci una regolata».
«Vorrei consigliare a tutti di mantenere sempre la schiena dritta». Lo ha detto il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, in occasione di un evento organizzato dalla Frankfurter Allgemeine Zeitung (Faz) a Berlino, parlando dei rapporti con la nuova amministrazione americana del presidente Donald Trump. Scholz ha detto che questo è il motivo per cui ha dichiarato pubblicamente che i confini «universalmente» non dovrebbero essere toccati, in risposta alle rivendicazioni territoriali di Trump in Groenlandia, Panama e Canada. «Credo che questo sia un aspetto che ci accompagnerà nel prossimo futuro. Bisogna essere chiari sulla questione», ha detto il cancelliere tedesco, ribadendo di non aspettarsi un «crollo» negli aiuti all’Ucraina con Trump presidente degli Stati Uniti.
L’ex `first lady´ brasiliana Michelle Bolsonaro e il deputato Eduardo Bolsonaro, figlio di Jair Bolsonaro, hanno partecipato in rappresentanza dell’ex presidente agli eventi tenutisi a Washington questo fine settimana, nell’ambito delle celebrazioni che hanno preceduto la cerimonia di insediamento di Donald Trump come presidente degli Stati Uniti. «Bolsonaro mi ha chiesto di trasmettere l’affetto e il rispetto che nutre per il presidente Trump. Hanno instaurato una relazione solida, condividono gli stessi valori e principi», ha dichiarato dalla capitale statunitense la moglie di Bolsonaro, che nel 2026 potrebbe candidarsi alla presidenza del Brasile. Secondo la donna, il marito (impedito di viaggiare negli Usa perché inserito dalla Corte suprema brasiliana in un’inchiesta su un presunto golpe) è vittima di «persecuzione da parte della magistratura». «Stiamo assistendo alla stessa guerra legale che Trump ha affrontato qui (negli Usa). Il Brasile sta diventando una barzelletta. Non passerà molto tempo prima che le autorità brasiliane abbiano la stessa credibilità delle autorità venezuelane fuori dal Paese», ha detto a sua volta Eduardo Bolsonaro.
(di Federico Rampini) Ancora un dato fantastico, a conferma dell’ottima salute dell’economia americana: più 256.000 nuove assunzioni a dicembre (al netto dei licenziamenti) e un’ulteriore diminuzione del tasso di disoccupazione (al 4,1% è uno dei più bassi del mondo). Nell’intero anno che si è appena chiuso i nuovi posti di lavoro creati sono stati 2,2 milioni. Un altro segnale positivo arriva su un terreno dove è meno scontato, quello della salute: la longevità degli americani (che aveva conosciuto un arretramento) ha ricominciato a crescere, nel 2024 si è aggiunto quasi un anno alla speranza di vita media, e la mortalità è scesa del 6%. Se questi dati vengono allineati ad altri, e osservati in un contesto mondiale, il verdetto s’impone: l’America è sempre il numero uno, addirittura per certi versi non è mai stata così forte, il suo modello trionfa su tutte le alternative.
Non si direbbe. Se l’America scoppia di salute qualcuno si è dimenticato di dirlo ai suoi abitanti? Gli americani sono a maggioranza scontenti, pessimisti, sfiduciati. Vedremo come Donald Trump interpreterà questo diffuso sentimento negativo nel suo discorso del 20 gennaio, Inauguration Day. Ma il quadro dell’opinione pubblica è noto: i due terzi pensano che l’America è su una cattiva strada, il 70% pensa che la situazione economica sia negativa. La reputazione delle istituzioni è crollata ai minimi storici, solo il 20% degli americani ha fiducia nel proprio governo (sono rilevazioni antecedenti alla vittoria di Trump e indicano un trend di lungo periodo). Anche l’amore per il proprio paese è in ritirata. Ancora un quarto di secolo fa, nel 2000 il 70% considerava importante il patriottismo, oggi solo il 38%. In quanto alle divisioni, sappiamo quanto la società e la politica americana siano divise. L’ultima elezione ha un po’ attenuato la polarizzazione – perché lo spostamento a destra ha investito ogni categoria, incluse minoranze etniche, donne, giovani, e anche gli Stati tradizionalmente più progressisti – però rimane un popolo di «separati in casa», con forti divergenze ideologiche, valoriali, politiche. (…)
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«Donald Trump non ci farà sconti su quello che l’Italia si è impegnata a portare, in termini di difesa, nelle sedi internazionali e soprattutto alla Nato. Ci dirà che non c’è un Paese che può far finta di non vedere che alcuni investono il due, il tre, il quattro percento del loro prodotto interno lordo per difendere un’alleanza e ci sono Nazioni che non lo fanno. Ci verrà chiesto conto di farlo. E noi siamo pronti a farlo». Così il ministro della Difesa Guido Crosetto a margine della cerimonia di assunzione da parte del Generale di Corpo d’Armata Giovanni Maria Iannucci quale Comandante del Comando Operativo di Vertice Interforze (Covi). «Dobbiamo cambiare l’approccio che abbiamo avuto in questi anni – ricorda Crosetto – perché purtroppo non potremmo non essere chiamati solo a fare missioni di pace nei prossimi anni: dovremo raggiungere anche degli obiettivi misurabili, come il 2% fissato anni fa che ormai, per quasi tutti i Paesi della Nato, non è più un punto di arrivo ma un punto di partenza. Paesi come la Germania, con un governo che aveva all’ordine del giorno la riduzione delle spese militari, parla ormai di un budget del due e mezzo, mentre la Polonia parla del quattro. Trump ha nominato il cinque percento: ma il cinque non penso sarà mai un obiettivo perseguibile. Però almeno il due percento noi dovremmo arrivarci il prima possibile. E questo – conclude – non è politica ma un impegno internazionale che, ripeto, hanno sottoscritto tutti i governi. Non un governo italiano ha detto no, negli ultimi anni, al due percento. Anche quelli che adesso in Parlamento si scandalizzano e si stracciano le vesti».
«È abbastanza normale» che Donald Trump non abbia invitato il cancelliere tedesco Olaf Scholz alla cerimonia di insediamento oggi a Washington. Lo ha detto lo stesso Kanzler rispondendo in merito a un evento della Faz in vista delle elezioni. «È normale che gli ambasciatori rappresentino i Paesi. È così che si fa nella maggior parte dei casi. Che il presidente argentino Xavier Milei e la premier italiana Giorgia Meloni siano stati invitati, però, pure è ok», ha aggiunto.
Il presidente eletto Donald Trump festeggerà il suo ritorno alla Casa Bianca con una raccolta fondi record di 250 milioni di dollari per il suo insediamento, hanno riferito all’emittente Abc News fonti a conoscenza della raccolta. La cifra comprende il comitato inaugurale ufficiale Trump-Vance e gli altri grandi strumenti di raccolta fondi di Trump che hanno organizzato i festeggiamenti per il suo insediamento, superando il totale della sua prima raccolta fondi per l’Inauguration Day di 107 milioni di dollari. Come riportato da Abc News, la seconda cerimonia di insediamento di Trump ha avuto un notevole sostegno da parte di numerosi big della tecnologia che hanno celebrato apertamente il suo ritorno alla Casa Bianca. Si prevede che a Elon Musk, Mark Zuckerberg, Shou Chew e Jeff Bezos siano assegnati i posti principali all’insediamento. Le principali donazioni inaugurali in ambito tecnologico includono: 1 milione di dollari ciascuna da Meta, Apple, Amazon, Google, Microsoft, OpenAI e Uber. Per Meta, in particolare, questa è la prima volta che fa donazioni per un’inaugurazione presidenziale, mentre Apple, Amazon, Google e Microsoft hanno contribuito alle precedenti inaugurazioni presidenziali. Il comitato inaugurale di Trump ha anche ricevuto importanti donazioni dal settore delle criptovalute, tra cui 5 milioni di dollari da Ripple, 2 milioni di dollari da Robinhood e 1 milione di dollari da Coinbase, hanno riferito fonti ad ABC News. Anche altre grandi aziende che in passato hanno fatto donazioni per le inaugurazioni presidenziali hanno fatto lo stesso, tra cui Bank of America e Boeing.
«Italia in prima fila per insediamento Trump? Non è l’Italia a essere in prima fila, è Giorgia Meloni che ha portato l’Italia in prima fila. La credibilità che Giorgia Meloni in questi anni nel lavoro e nella sua vita l’ha portata a essere in prima fila e a portare l’Italia in prima fila». Così Guido Crosetto, ministro della difesa, a margine della cerimonia di assunzione dell’incarico di comandante operativo di vertice interforze (COVI) del generale Giovanni Maria Iannucci a Roma.
(Di Enrica Roddolo) La formula Presidente-Senato-Congresso negli Usa riprende come una fotocopia quella Re-Lords-Commons a Londra, lo ha argomentato bene lo storico britannico A.W. Purdue. E si potrebbe forse aggiungere che la Casa Bianca ha i suoi rituali come Buckingham Palace. Così lo spettacolo istituzionale di oggi a Washington per il giuramento solenne del 47mo presidente Donald Trump, traccia le sue radici nei rituali della Corona britannica. O meglio, si ispira ai rituali della Corona.
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Alla cerimonia di insediamento del presidente degli Stati Uniti d’America Donald Trump l’Unione Europea «sarà rappresentata» dal suo ambasciatore a Washington. Lo specifica la portavoce capo della Commissione Europea Paula Pinho, durante il briefing con la stampa a Bruxelles. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni e Ursula von der Leyen «hanno parlato» per telefono recentemente, ma «non c’era alcun messaggio particolare» da trasmettere a Trump, trattandosi «più di una cerimonia che di un incontro». Per ora «non ci sono incontri fissati» tra von der Leyen e Trump, ma si «sta tentando» di organizzarne uno, conclude Pinho.
Al momento non c’è nessun incontro già fissato tra la presidente della
Commissione Europea Ursula von der Leyen e Donald Trump. Lo ha detto la portavoce dell’esecutivo Ue. «Vi sono in corso tentativi per farlo il prima possibile», ha aggiunto precisando che l’ambasciatore dell’Ue negli Usa sarà presente alla cerimonia d’insediamento del 47esimo presidente degli Stati Uniti.
Il Papa nel messaggio al presidente americano Donald Trump assicura le su preghiere e si augura che «ispirato dagli ideali della Nazione, terra di
opportunità e di accoglienza per tutti, spero che sotto la Sua guida il popolo americano prosperi e si impegni sempre nella costruzione di una società più giusta, in cui non ci sia spazio per l’odio, la discriminazione o l’esclusione».
Donald Trump balla e canta sul palco con i Village People, sulle note del loro famoso successo Y.M.C.A., alla vigilia dell’Inauguration day, quando giurerà come 47esimo presidente degli Stati Uniti. A Washington la sera prima dell’inaugurazione ufficiale, il presidente eletto ha tenuto un comizio celebrativo della vittoria, in cui ha parlato di Medioriente, immigrazione, guerra in Ucraina. Fra i partecipanti anche Elon Musk.
Il presidente americano uscente Joe Biden e il prossimo inquilino della Casa Bianca Donald Trump viaggeranno oggi a bordo della stessa limousine verso il Campidoglio, dove si terrà la cerimonia di insediamento. Lo riporta la Cnn citando una propria fonte. Quattro anni fa, dato che Trump saltò il giuramento di Biden, i due non fecero il viaggio insieme verso il Campidoglio. Questa volta, però, torneranno alla tradizione che il presidente Barack Obama aveva ripristinato con Trump nel 2017.
La delegazione taiwanese giunta a Washington per l’insediamento del presidente degli Stati Uniti Donald Trump non partecipera’ personalmente alla cerimonia, spostata all’interno del Campidoglio a causa delle rigide temperature. Lo riporta l’agenzia di stampa «Central News Agency», ricordando che il gruppo, composto da otto membri e guidato dal presidente del parlamento Han Kuo-yu, e’ arrivato il 18 gennaio a New York per una visita di quattro giorni. Ieri, 19 gennaio, Han e la sua delegazione hanno raggiunto Washington, dove sono stati accolti dal capo dell’ufficio di rappresentanza taiwanese, Alexander Yui.
(Milena Gabanelli e Danilo Taino) La domanda del momento in Europa: quanto alte saranno le onde dell’Atlantico a partire dalle ore 12 del 20 gennaio, quando Donald Trump assumerà i poteri di presidente? La Commissione europea dice che «la relazione transatlantica è un’arteria chiave dell’economia del mondo». In effetti, il rapporto tra gli Stati Uniti e l’Europa è stato e per molti versi è il pilastro più rilevante dell’egemonia occidentale nel mondo in termini economici, politici, culturali, sociali, militari, di alleanza militare e per storia.
È dunque difficile pensare che Trump possa affossare la relazione transatlantica. Le banche di Wall Street, le multinazionali Usa, le Big Tech, le università, persino molti sindacati si opporrebbero a un disaccoppiamento del genere. L’Europa, con i suoi 450 milioni di abitanti a reddito elevato, rappresenta il più ricco mercato al mondo, un bacino di consumi al quale nessun Paese e nessun governante può rinunciare, nemmeno Trump. È vero che gli Stati Uniti sono autosufficienti sul piano energetico, tecnologico, militare, al contrario della Ue che in questi settori dipende molto dalle importazioni e dal rapporto con gli Stati Uniti. Ed è quindi evidente che, in una eventuale trattativa, Washington partirebbe da una posizione di forza. È probabile che Trump segua la ricerca di scambi favorevoli anche a svantaggio dei partner, come operavano le potenze coloniali del passato. In ogni caso, saranno tempi difficili e forse pericolosi.
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(Marco Cremonesi e Monica Guerzoni, inviata a Washington) Se dopo giorni di dubbi Giorgia Meloni ha deciso di sfidare il clima artico di Washington per un’altra missione lampo, a sole due settimane dal blitz a Mar a Lago, non è solo perché è riuscita a spiazzare sui tempi Matteo Salvini, ma perché pensa di aver fatto bene i suoi calcoli politici.
Decollata da Roma alle 18.22 di ieri e pronta a ripartire già stasera stessa, la premier è determinata a consolidare ancor più il suo «rapporto privilegiato» e a ritagliarsi il ruolo strategico di «ponte e garante tra Washington e Bruxelles». Una manciata di ore per stringere in mondovisione la mano a Donald Trump, parlarci occhi negli occhi tra la messa nella cattedrale di St. John e la cerimonia di giuramento e, forse, tempi di volo permettendo, cenare a lume di candela al National Building Museum con la coppia presidenziale.
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(Massimo Gaggi e Viviana Mazza, nostra corrispondente) Subito dopo la cerimonia di insediamento oggi a mezzogiorno in Campidoglio (alle 18 in Italia), Donald Trump ha promesso che firmerà «decine di ordini esecutivi, quasi cento» oltre a revocare gli ordini esecutivi di Joe Biden, incluse le direttive sulla diversità, l’equità e l’inclusione e a rimuovere i limiti imposti dal suo predecessore alle trivellazioni in territori e acque federali.
Il nuovo presidente dice di voler procedere a passo di carica e promette interventi in decine di settori da attuare nei primi cento giorni di questo secondo mandato, ma non c’è dubbio che l’enfasi sia soprattutto sui dazi e sull’immigrazione. Quest’ultimo è il tema al quale l’elettorato si è dimostrato più sensibile, mentre tariffs, secondo Trump la parola più bella del vocabolario, rappresentano di certo l’argomento che lo appassiona di più: perché è il terreno che esalta le sue capacità di dealmaker e perché vive come un’onta da lavare l’enorme deficit commerciale che gli Stati Uniti hanno accumulato nei confronti della Cina e anche dell’Europa.
Trump 2.0 si annuncia dunque come un’era di cambiamenti rivoluzionari, spericolati: espulsioni (immigrati clandestini fuori dal Paese e dipendenti pubblici fuori dagli impieghi federali) e accelerazioni (altri sgravi fiscali, deregulation, via libera alle cripto-valute e allo sfruttamento ancor più intenso dei combustibili fossili accantonando tutte le politiche di contenimento dei mutamenti climatici) che secondo il ministro del Tesoro Scott Bessent apriranno la strada a una nuova età dell’oro, mentre per i critici della Trumpnomics rischiano di far deragliare un’economia oggi robusta e in salute, anche se i cittadini, che ancora soffrono gli aumenti dei prezzi accumulati nei due anni post pandemia, non la considerano tale.
All’estero, nel suo secondo esordio sul palcoscenico del mondo, il nuovo presidente cercherà di usare il maggior credito del quale gode e la sua proverbiale imprevedibilità per spingere israeliani e arabi a trovare una soluzione per la Palestina dopo aver consolidato la tregua a Gaza (con l’estrema destra e lo stesso Netanyahu che forse si pentiranno di aver riposto in lui tante aspettative), tenterà un’ardua intesa con Xi Jinping e imposterà un dialogo con Putin che si presenta più difficile del previsto.
IMMIGRAZIONE
È il dossier più delicato: Trump ha promesso di cacciare tutti gli 11 milioni di immigrati clandestini (lui dice che sono molti di più) e non può fare grandi passi indietro perché quello è il tasto per il quale il suo elettorato mostra di avere più sensibilità. Quindi, partenza immediata: secondo le anticipazioni dichiarerà già oggi l’emergenza al confine con il Messico e classificherà i cartelli della droga come organizzazioni terroristiche. Poi deportazioni in varie città con programmi probabilmente tanto spettacolari quanto limitati. Primo bersaglio gli illegali che hanno commesso reati penali, i più facili da espellere. Ci saranno anche retate, probabilmente limitate perché si portano dietro i due rischi che Trump dovrebbe evitare: mandare via clandestini che lavorano da anni, non danno problemi, sono diventati parte essenziale del sistema produttivo e pagano le tasse e separare le famiglie con la disperazione di bimbi divisi dai genitori ripresa dalle telecamere di tutte le reti televisive.
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Nei quattro anni in cui è rimasto lontano dalla Casa Bianca, Donald Trump ha pianificato la sua nuova amministrazione. Se nel primo mandato alcune delle sue decisioni si sono scontrate su ministri e funzionari più fedeli alla Costituzione che al Comandante in capo, nel secondo voleva evitare di ripetere lo stesso «errore».
Così, nello scegliere la sua nuova squadra, ha guardato prima di tutto alla lealtà, talvolta a scapito della competenza. Ne è uscito un curioso mix di personaggi, spesso con poca — o nessuna — esperienza di governo: miliardari che conosce da tempo o con i quali pensa di condividere lo stesso istinto per gli affari; qualche reduce della prima amministrazione; repubblicani dell’establishment che lo hanno sostenuto dal 2016; comprimari ambiziosi che hanno effettuato giravolte sensazionali per salire sul carro del vincitore; menti del famigerato Project 2025, il piano ultraconservatore che punta a espandere i poteri presidenziali e a tagliare alcune agenzie federali.
Si va dall’uomo più ricco del mondo, quell’Elon Musk che ha finanziato e sostenuto Trump lungo tutto la campagna elettorale, alla sfinge Russell Vought, l’uomo del bilancio, fino al sobrio generale Kellogg a cui è affidato il dossier ucraino. È difficile trovare tipi più diversi, ma sono tutti rappresentanti del nuovo trumpismo, in cui dovranno convivere ideologie e posizioni molto diverse fra loro.
Qui lo speciale a cura di Massimo Gaggi, Andrea Marinelli, Viviana Mazza, Guido Olimpio, Marilisa Palumbo, Simone Sabattini e Giuseppe Sarcina
(Andrea Marinelli) Oggi, lunedì 20 gennaio, Donald Trump si insedia come 47esimo presidente degli Stati Uniti, dopo essere già stato il 46esimo nel 2016: diventerà così il primo dai tempi di Grover Cleveland, alla fine dell’Ottocento, a servire in due mandati non consecutivi, inframezzati dall’amministrazione Biden. A 40 anni, 5 mesi e 18 giorni, J.D. Vance diventerà invece il terzo vicepresidente più giovane — dopo John Breckinridge, vice di Buchanan a 36 anni, e Richard Nixon, che fu vice di Eisenhower a 40 anni e 11 giorni — della Storia americana, nonché il primo millennial.
È una giornata per lo più cerimoniale. Secondo la legge, il nuovo presidente presta giuramento a mezzogiorno in punto (le 18 italiane), subito dopo il suo vice, davanti al presidente della Corte Suprema John Roberts: questa è l’unica parte obbligatoria della cerimonia, che si svolge di fronte al Campidoglio, il parlamento americano, affacciato sul National Mall di Washington.
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20 gennaio, 09:39 – Aggiornata il 20 gennaio, 13:55
© RIPRODUZIONE RISERVATA
La cerimonia si svolgerà all'interno del Campidoglio viste le temperature polari
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