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Una memoria difensiva per Meloni e i ministri indagati
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ROMA, 30 gennaio 2025, 17:19
di Marco Maffettone
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Una memoria difensiva per Meloni e i ministri indagati – RIPRODUZIONE RISERVATA
Il fascicolo al momento è composto dalla sola denuncia e da alcuni articoli di stampa. Un incartamento esiguo che però è destinato ad aumentare di volume nei prossimi giorni: muove, infatti, i primissimi passi l’indagine del Tribunale dei Ministri che vede indagati per favoreggiamento e peculato il premier Giorgia Meloni e i ministri dell’Interno e della Giustizia Matteo Piantedosi e Carlo Nordio oltre al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, in relazione alla vicenda del generale libico Almasri.
Il collegio della sezione specializzata per i reati ministeriali, composta da tre giudici, ha 90 giorni di tempo per effettuare l’attività di indagine: tra i poteri, anche quello di ascoltare gli indagati che, da quanto sta emergendo, dovrebbero però limitarsi a depositare una ampia memoria difensiva.
Come primo step il Tribunale affiderà delega alla polizia giudiziaria per effettuare una serie di acquisizioni documentali. All’attenzione dei giudici finiranno, con ogni probabilità, tutti gli atti svolti in questa vicenda. Nel fascicolo aperto a piazzale Clodio e poi trasmesso per competenza verrà acquisito, in primo luogo, il mandato di arresto, di oltre 40 pagine, spiccato dalla Corte penale europea e che ha portato il 19 gennaio la Digos di Torino a fermare Al Almasri. L’uomo si trovava in Europa già da 12 giorni ma l’ok al fermo, per l’accusa di crimini contro l’umanità, è diventato esecutivo il 18 gennaio quando si trovava sul territorio italiano.
Agli atti dell’indagine anche i documenti prodotti nelle 48 ore successive: l’ordinanza della Corte d’Appello di Roma con cui il 21 gennaio è stata disposta la scarcerazione motivata per vizi procedurali e in particolare per le “mancate interlocuzioni” intercorse con via Arenula, titolare dei rapporti con la Corte penale internazionale. Ministro “interessato” dalla Corte d’Appello capitolina il 20 gennaio, “immediatamente dopo avere ricevuto gli atti dalla Questura di Torino e che ad oggi (21 gennaio ndr) – si legge nell’ordinanza – non ha fatto pervenire nessuna richiesta in merito”. Sul punto, l’avvocato Luigi Li Gotti, autore della denuncia che ha portato all’iscrizione nel registro degli indagati di mezzo governo, non usa mezzi termini adombrando “condotte omissive” (che rientrano nel favoreggiamento) da parte di Nordio.
“Nel provvedimento della Corte d’Appello – afferma – ci sono le scansioni temporali e c’è scritto che il ministro sapeva dal 19 gennaio. Successivamente è stato sollecitato ad esprimere una sua opinione essendo lui l’interfaccia della Corte Internazionale” ma, aggiunge il penalista, alle 11.14 il “Falcon, con cui è stato rimpatriato Almasri, era già stato autorizzato a partire dalla Presidenza del Consiglio: vuol dire che era già tutto deciso e che il ministro non avrebbe risposto”. Tra i tasselli che il tribunale è chiamato a mettere in fila anche le procedure di espulsione per ragioni di “sicurezza nazionale”. Nell’incartamento finirà anche il provvedimento del ministro Piantedosi e i piani di volo e gli orari del Falcon che ha riportato in Libia il generale.
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