E pensare che un'ora prima il timore di qualche cronista era di non vederla arrivare: «Chissà da che parte entrerà». E invece, eccola, Daniela Santanchè. In anticipo di mezz’ora all'ingresso principale di Montecitorio, nel giorno della discussione generale sulla mozione di sfiducia nei suoi confronti presentata dal M5s e firmata da Pd e Avs. Chi esce dalla sala stampa se la trova davanti mentre parla al telefono: vestito total white e foulard striato. La accoglie il deputato meloniano, Andrea Mascaretti, che la scorta, seguito dal codazzo di giornalisti, fino al ristorante della Camera. Prima di rientrare, tappa nel cortiletto per una sigaretta. Qui, il corteo della “Santa” non è composto solo da giornalisti. La ministra si intrattiene con Ylenja Lucaselli, mentre l'affianca il fedelissimo Gianluca Caramanna, da molti indicato come il suo possibile successore alla guida del dicastero di via di Villa Ada. «Buongiorno e buon lavoro», risponde Santanchè a chi tenta di porle qualche domanda. Anche se, con i suoi, si rammaricherà di non aver rilasciato dichiarazioni, ma d’altronde, dice, «non c’era niente da aggiungere». Poi, alle 14, i riflettori si accendono sull’Aula.
Santanché, la mozione di sfiducia in Aula: perché il centrodestra ha scelto la tattica del silenzio
IL TOTO-PRESENZE
Lo sguardo cade subito sui banchi del governo: vicino alla “Santa”, il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, e il ministro per la Protezione civile, Nello Musumeci. Davanti, la vice ministra leghista Vannia Gava e il sottosegretario alla Salute, Marcello Gemmato. Sugli scranni sono seduti in dodici per Fratelli d’Italia. Nessuno per Forza Italia, Noi moderati e Lega (tranne Stefano Candiani e Simonetta Matone avvistati in Transatlantico). Più affollati i banchi delle opposizioni – ci sono anche Giuseppe Conte ed Elly Schlein che pure non interverranno – mentre non c’è traccia di esponenti di Italia viva e Azione. Anche quello delle presenze diventa un argomento d’arringa in Aula: maliziosamente, il deputato Pd Federico Gianassi, nel suo intervento, punta il dito sul «drappello di martiri» di FdI che è stato «costretto a presentarsi». Dal partito della premier, invece, quasi lo si rivendica come un risultato: una «pattuglia cospicua» per «essere un lunedì». Quando all’ordine del giorno non sono previste votazioni, e i parlamentari sono ancora “in missione” nei territori. Insomma, uno scenario che fa dire al vicepresidente della Camera, Fabio Rampelli, che tutto è stato «nella norma». Santanchè decide di non intervenire, ma durante i lavori si fa passare un foglio dal collega Ciriani, forse per prendere appunti in vista della replica che l’attende a giorni. Parlotta con la leghista Gava seduta di fronte, ma riserva a Nello Musumeci lo scambio più fitto di battute. Lui, che la conosce da più tempo, è convinto che la ministra del Turismo «non abbia bisogno di consigli» e soprattutto non sia «propensa ad accoglierli». Né si scompone a sentire le accuse che le piovono addosso dall’emiciclo della minoranza. Come quella che la pentastellata Vittoria Baldino indirizza anche alla premier: «Chi la ricatta? Per questo non riesce a pretendere le dimissioni della sua ministra?». Mentre il dem Toni Ricciardi si domanda che «differenza» ci sia tra il ministro Sangiuliano e Santanchè», se non che lei, forse, «è in grado di elevare leve di ricattabilità che lui non aveva?». I gruppi di opposizione, all’inizio, plaudono ciascuno i propri rappresentanti, ma l’unisono scatta quando Filiberto Zaratti (Avs) fa notare che «in qualunque altro Paese europeo» Santanchè «si sarebbe già dimessa da un pezzo». E ritorna, alla fine della discussione, al grido di: «Vergogna, Vergogna». La resa dei conti, per ora, è rimandata a data da destinarsi. Il ministro Ciriani, al termine dell’Aula, ha assicurato che la maggioranza sarebbe stata pronta al voto anche oggi, se non fosse che incombono altri ordini del giorno che lo faranno slittare alla prossima settimana. Poi passa la palla al presidente della Camera: «Se le opposizioni insistono il presidente Fontana trova due ore e si fa, tocca alla capigruppo». L’esponente meloniano conferma pure che al momento delle dichiarazioni di voto la maggioranza interverrà. Ma è sui termini della difesa che si annidano, ancora, dubbi.
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