L’ennesima minaccia di Donald Trump – via Volodymyr Zelensky dal tavolo dei negoziati – l’affondo di Elon Musk e le voci di un possibile esilio in Francia per il leader di Kiev. Sono ore durissime per l’Ucraina, mentre dal cielo continuano a piovere bombe: 1220 quelle sganciate in appena una settimana. Un segnale di disgelo arriva dal G7, ventiquattr’ore dopo lo tsunami innescato dalla notizia – riportata dal Financial Times – del rifiuto degli Usa di definire la Russia Paese «aggressore» nella dichiarazione siglata dai “7 Grandi” a tre anni dall’invasione. Un gioco sporco in cui anche le certezze incrollabili sembrano venir meno, sotto i colpi assestati dal nuovo inquilino della Casa Bianca. La svolta filo russa di Trump non sembra prevedere battute d’arresto. E nonostante i tanti schiaffi assestati a Kiev, il consigliere per la sicurezza degli Usa, Mike Waltz, invita l’Ucraina ad abbassare i toni verso gli Stati Uniti. E pazienza se nei giorni scorsi Trump aveva affermato che Zelensky è un dittatore, un pessimo comico, che l’Ucraina aveva iniziato la guerra, che Putin vuole la pace, che ci si può fidare dei russi. Oltre il danno, la beffa. Ma ieri gli sherpa del G7 hanno invertito il senso di marcia. Come reso noto dal Messaggero, hanno chiuso il testo della dichiarazione dei 7 leader rimettendo nero su bianco la parola “sbianchettata” per volontà degli States. Del resto era stato lo stesso Donald Trump ad aggiustare la rotta. Dopo aver dichiarato che era stata l'Ucraina ad iniziare la guerra, il tycoon ha riconosciuto che effettivamente è stata la Russia ad attaccare. «Ma non lo avrebbe fatto se ci fossero state al comando persone che sapevano cosa stavano facendo», ha tenuto a puntualizzare con un chiaro riferimento a Joe Biden e Zelensky.
La dichiarazione
Ma al netto delle stilettate, il testo chiuso dagli sherpa lascia ben sperare. In tanti, tra i diplomatici intenti a negoziare la dichiarazione finale del G7, sperano che l’incidente rientrato sul «Paese aggressore» sia sintomatico della strategia messa in atto da The Donald. Ovvero alzare la posta per chiudere al meglio la partita, da navigato giocatore di poker. Non è un mistero, del resto, che da quando gli ucraini hanno preso tempo per firmare l’accordo con gli americani sullo sfruttamento dei minerali nelle loro terre rare che Trump, il suo vice JD Vance e Musk abbiano preso a sferrare attacchi ancor più duri a Kiev, mettendo da parte la diplomazia. «Per questo bisogna attendere, evitare fughe in avanti – ragionano fonti diplomatiche italiane -. Occorre prima capire qual è il reale schema di gioco di Trump, altrimenti si rischia solo di far più danni». Qualche segnale positivo arriva dal fronte ucraino: lasciano sperare le parole dell’inviato Usa in Ucraina Keith Kellogg, che ha dichiarato di aver avuto un colloquio «positivo» con il «coraggioso e combattivo» Zelensky. Kellogg, generale forgiato dalla guerra in Vietnam e dal conflitto in Iraq, ha il pragmatismo ruvido di chi è stato al fronte: «i bluff non sono il suo forte», ragiona uno degli sherpa che ha preso parte alle trattative per chiudere la dichiarazione del G7.
L’assist per Kiev
Il documento che tanto ha fatto discutere va approvato dai 7 leader entro domenica, vigilia del summit G7 in videocollegamento convocato dalla presidenza canadese. Una deadline che lascia spazio ai timori che nelle prossime 48 ore qualcosa possa ancora cambiare, con un nuovo colpo di testa di The Donald. Al momento, però, la trattativa degli sherpa si è chiusa con un assist per Kiev, un segnale che rincuora l’Europa.
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