Urne aperte fino alle 18. Chiamati al voto circa 60 milioni di cittadini tedeschi. I risultati di queste consultazioni saranno cruciali non solo per il Paese, ma anche per l’Europa. La destra di Afd punta al primato. Per i sondaggi Cdu prima. “Credo nella vittoria”, dichiara Scholz
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Urne aperte in Germania – dalle 8 alle 18 – per le elezioni federali. L’ultimo sondaggio condotto da Insa per il quotidiano Bild alla vigilia del voto ha indicato la Cdu-Csu sempre prima, ma sotto la soglia del 30%, seppur di poco (29,5%). Seconda si attesta Alternative für Deutschland (Afd) che al 21% raddoppia i voti del 2021 (10,3%). I socialdemocratici di Olaf Scholz sono dati al 15%, perdendo oltre 10 punti rispetto alle scorse elezioni (25,7%). I Verdi di Robert Habeck si fermano al 12,5%. Ma è la rimonta dei piccoli partiti che sembra rendere improbabile un ritorno della Grosse Koalition: è l’inattesa ascesa della Linke (7,5%), la sinistra, con cui Scholz ha escluso ogni coalizione, a far immaginare – al momento – un futuro governo tripartitico come quello appena fallito. Con il candidato dei conservatori in testa ai sondaggi e il Kanzler uscente indietro, la percentuale  della Linke rende improbabile che i numeri bastino per un’alleanza fra Unione e Socialdemocratici, e l’ipotesi in pole è quella della cosiddetta coalizione ‘Kenya’, dai colori nero, rosso e verde dei tre partiti.
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Alle ore 14, l’affluenza alle urne in Germania si è attestata al 52% degli aventi diritto. Si tratta di una percentuale notevole, sottolinea la Bild, ricordando che nel 2021, l’affluenza alle urne alla stessa ora era del 36,5%. Si tratta di un incremento del 15,5% rispetto al 2021 e del dato parziale più elevato registrato a quest’ora dal 1998.
L’affluenza alle ore 12 nei Laender di Berlino, Sassonia-Anhalt, Turingia, Sassonia e Bassa Sassonia è stata molto più alta rispetto a quella delle elezioni del 2021. In Turingia, addirittura, la percentuale di votanti è quasi raddoppiata, passando dal 24,6% del 2021 al 44,5% delle 12 di oggi.
Per accedere al Bundestag alle elezioni in Germania bisogna superare la soglia di sbarramento che è fissata al 5%. Ciò significa che un partito che a livello nazionale prende meno del 5% dei voti complessivi non è ammesso al Parlamento e non otterrà nemmeno un seggio.
L’affluenza alle urne in tre Stati federali tedeschi – Bassa Sassonia, Schleswig-Holstein e Amburgo – è in lieve calo rispetto alle elezioni federali del 2021. In Bassa Sassonia, circa il 13,8% degli aventi diritto al voto si è recato ai seggi nelle prime due ore di votazioni, cioè dalle 8 alle 10, come reso noto dalla Commissione elettorale statale. L’affluenza alle elezioni federali del 2021 era stata del 14,3%. Nello Schleswig-Holstein, secondo i dati disponibili, il 21,3% degli aventi diritto ha espresso il proprio voto entro le 11 di oggi, rispetto al 23,8% del 2021. Anche ad Amburgo questa mattina si sono recati alle urne leggermente meno elettori rispetto a quattro anni fa. Alle 11 del mattino l’affluenza era del 45%. Nel 2021, alla stessa ora, era stata del 49,8%.
La tornata elettorale tedesca si tiene dopo la caduta dell’esecutivo di Olaf Scholz, sfiduciato dal Bundestag lo scorso 16 dicembre. Si vota in un turno unico. Sette i principali partiti in corsa: CHI SONO I PRINCIPALI CANDIDATI.
Gli elettori tedeschi, come detto, potranno recarsi alle urne fino alle 18. I primi exit poll sono attesi subito dopo la chiusura delle urne.
La bandiera nazionale tedesca sventola davanti all’edificio del Reichstag a Berlino, il 23 febbraio 2025.
©Ansa

Il cancelliere federale tedesco Olaf Scholz ha votato nel seggio di Potsdam. In questa circoscrizione del Brandeburgo Scholz è anche candidato, proprio come nel 2021, quando fu il più votato con il 34%. In questa stessa circoscrizione elettorale è candidata anche la ministra degli esteri, la verde Annalena Baerbock, che nel 2021 si fermò al 18,8%.
Anche Merz ha votato alle elezioni federali tedesche, in un seggio elettorale ad Arnsberg.
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Il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha votato in un seggio elettorale a Potsdam, in Germania, il 23 febbraio 2025. 
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Frank-Walter Steinmeier, presidente federale della Germania, ha votato questa mattina in un seggio di Berlino. Ha ringraziato il personale nel seggio e poi ha invitato i cittadini e le cittadine ad andare a votare: “Fate uso del vostro diritto di voto, andate a votare e contribuite a determinare il futuro del nostro Paese. Votate con la consapevolezza che il vostro voto possa essere quello decisivo”.
I tedeschi sono più pessimisti riguardo al loro tenore di vita ora che in qualsiasi momento dalla crisi finanziaria del 2008. La percentuale che afferma che la situazione stia migliorando è scesa drasticamente dal 42% nel 2023 al 27% dello scorso anno, secondo gli ultimi dati di Gallup, come riporta Reuters.
Salvo clamorosi abbagli dei sondaggisti, tutti i tedeschi danno grossomodo per scontato che sarà il presidente della Cdu Merz a guidare il governo che uscirà dalle urne di oggi. La domanda quindi è: quali saranno gli alleati del leader conservatore, la cui Unione democratico-cristiana, insieme alla sua gamba bavarese, la Csu, è data intorno al 30%? Merz da un anno afferma di volere una coalizione il meno affollata possibile, con uno o al massimo due alleati. E le alternative non sono molte. Dopo lo sfortunato flirt al Bundestag del mese scorso, il capo dell’Unione ha escluso qualsiasi collaborazione con i nazionalisti di Afd, ormai secondo partito, dato al 19,7% dall’ultima rilevazione YouGov. E appare improponibile qualsiasi collaborazione con i partiti di sinistra radicale, ovvero la Linke, in decisa crescita sopra il 7%, e la filorussa Bundnis Sahra Wagenknecht (Bsw). Questo nuovo partito, nato da una scissione della stessa Linke, rischia di non superare la soglia del 5% necessaria a entrare al Bundestag, così come i liberali dell’Fdp. E Merz si augura restino fuori entrambi. Il meccanismo elettorale tedesco prevede infatti che la quota proporzionale conquistata dalle sigle che non riescono a superare lo sbarramento venga suddivisa, nella distribuzione dei seggi, dai partiti rappresentati alla Camera di Berlino. Merz spera quindi che Bsw e Fdp non passino in modo da accrescere la rappresentanza della sua Cdu e dei due partiti con cui ha già dichiarato di essere disposto a formare un governo: i socialisti dell’Spd (15,6% secondo YouGov) e i Verdi (12,7%). Se possibile, solo con uno dei due e non entrambi, ha aggiunto.
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In foto, l'entrata dei seggi ad Arnsberg, in Germania, 23 febbraio 2025.
Il Paese è diviso in 299 circoscrizioni elettorali. Nel corso degli ultimi anni il numero dei parlamentari era andato aumentando, così la legge elettorale è stata modificata nel 2023: saranno eletti 630 parlamentari. Ogni elettore può indicare due voti: il primo si riferisce direttamente a un candidato di quella circoscrizione elettorale, il secondo invece si riferisce a una lista bloccata e definita dai partiti per ognuno dei dodici Stati federati e le tre Città-Stato. Questo secondo voto rappresenta la percentuale finale di seggi che il partito avrà al Bundestag. Sono ammessi al riparto solo i partiti che conseguono almeno il 5% dei voti o almeno tre mandati diretti. Alle elezioni corrono 29 partiti. 
Robert Habeck, quattro figli e un dottorato in letteratura, vicecancelliere verde di Olaf Scholz, nato nel 1969 a Lubecca, rappresenta la prima generazione che fa politica nella Germania riunificata. Inizia nei primi Duemila, è il segretario dei Verdi nello Schleswig-Holstein. A 40 anni è capogruppo nel parlamento locale e nel 2012 entra nel governo come vicepresidente del Land e ministro per la Svolta energetica, l’Agricoltura e l’Ambiente. Fa parte di quel gruppo che porta i Verdi a diventare definitivamente un partito “normale” e pragmatico. Si alleano con Spd o con i conservatori, con i Liberali o con la Linke. A volte restano comunque prigionieri della loro ideologia, come quando, con i prezzi dell’energia alle stelle per la guerra in Ucraina, Habeck ha voluto a tutti i costi chiudere le ultime tre centrali nucleari. Nel 2017 sarebbe volentieri entrato nel governo Merkel. Nel 2021, ha lasciato ad Annalena Baerbock il posto di candidata alla cancelleria. Il suo turno è arrivato quest’anno ma per ora i sondaggi non sono ottimisti. Del resto, è stato il ministro dell’Economia di una coalizione poco amata e il bilancio verde, sia in economia sia in politica estera, è chiaroscuro. Per qualcuno ha fatto troppo, per altri troppo poco. Lui se la prende con la sentenza del Tribunale costituzionale che ha bocciato il bilancio.
Alice Weidel è l’unica donna tra i candidati alla cancelleria. È anche la più giovane: nata nel 1979, aveva appena dieci anni quando cadde il muro di Berlino. Oggi l’obiettivo della leader dell’ultradestra tedesca è spingere la Cdu ad abbattere il cosiddetto “Brandmauer”, il cordone sanitario che li isola da anni, e portare l’Afd nel governo. Su questo ha avuto il pieno sostegno di J.D. Vance, arrivato a Monaco a rappresentare l’amministrazione Trump. E poche settimane fa l’ha ascoltata mezzo mondo perché invitata da Elon Musk a una chiacchierata su X nella quale è arrivata a dire che “Hitler era un comunista”. In campagna elettorale se l’è presa con gli studi di genere che “sbatteremo fuori dalle università tedesche se andremo al governo”. E poi “re-migrazione, re-migrazione, re-migrazione”, ovvero espulsioni. Nei suoi discorsi parla di un Paese in declino e offre soluzioni immediate. Una svolta sull’immigrazione, ma anche sulla guerra in Ucraina che ha fatto schizzare il prezzo dell’energia. Meglio fare la pace con Putin: quando Zelensky parlò al Bundestag, Weidel insieme ai deputati di Afd uscì dall’aula. Entrata nel partito nel 2013 già nel 2017 è capolista alle elezioni. Con una laurea in economia e un dottorato di ricerca a Bayreuth sul sistema pensionistico cinese, si professa una conservatrice e nei suoi discorsi lo ripete spesso. Anzi, nel suo partito qualcuno ha un po’ di mal di pancia per Weidel, omosessuale dichiarata, convivente con una donna in Svizzera con la quale cresce due figli, avuti da due padri diversi, ma non è qualcosa di nuovo nelle destre europee: una certa apertura sul fronte diritti civili è atteggiamento di diffuso, anche perché usata in una narrativa contro i migranti, musulmani e additati come ‘arretrati’. Per ora la speranza di Weidel di un governo con la Cdu si è infranta con Friedrich Merz, che non vuole saperne.
Avvocato milionario, Friedrich Merz è tornato alla ribalta subito dopo l’uscita di campo di Angela Merkel, anche sulla spinta di Wolfgang Schaeuble che regolò a sua volta i conti con la cancelliera che gli aveva scippato l’eredità di Kohl, riportando in pista il suo pupillo. Altissimo, sfiora i 2 metri, ricchissimo, gaffeur – fu lui a scivolare sul “turismo sociale” dei rifugiati ucraini e a dire che i migranti fanno una vita da “pascià” in Germania – Merz ha riportato la Cdu su posizioni più severe, per recuperare i voti strappati da Afd, e ha promesso il pugno duro soprattutto sulla migrazione. Origini nel Sauerland, nato a Brilon, Joachim-Friedrich Martin Josef Merz ha 69 anni, è cattolico, sposato e ha 3 figli, un maschio e due femmine. Nella sua prima vita politica è stato membro della Junge Unione, europarlamentare dal 1989 al 1994 e subito dopo entrò al Bundestag, dove dal 2000 al 2002 ha guidato il gruppo della Cdu. Fino all’incontro-scontro con la Frau di ferro, che ne fece uno dei tanti avversari (uomini) eliminati dal gioco. Nel 2021, Merz si è candidato di nuovo in Parlamento, e nel 2022 è stato eletto presidente della Cdu. Ma anche stavolta, non è stato facile: alle spalle ha ben due sconfitte per questa posizione, contro Annegret Kramp-Karrenbauer, la prima, e contro Armin Laschet, la seconda. In campagna elettorale Olaf Scholz ha puntato tutto sul suo grande errore: l’apertura ai voti di Afd sulla stretta ai migranti, che ha fatto passare una mozione e bocciare un progetto di legge.
Olaf Scholz ha affrontato una campagna elettorale complessa, e i socialdemocratici rischiano di pagare la scelta di non aver cambiato candidato quando Boris Pistorius, ministro della Difesa tanto amato quanto disinvolto davanti alle telecamere, mostrava indici di gradimento promettenti per la corsa contro Friedrich Merz. A 67 anni, attivo in politica dai tempi della scuola, un passato da avvocato giuslavorista e una passione per la canoa, Scholz non aveva intenzione di farsi da parte. Diversamente dall’ex cancelliera Angela Merkel, l’ex sindaco di Amburgo viene accusato di non essere stato capace di farsi sentire a Bruxelles, di aver trascurato i rapporti con Parigi e di aver esitato troppo con Kiev per paura di Putin (negando i Taurus per non sovraesporre la Germania) finendo per diventare irrilevante, e dunque ignorato oltreoceano. Scholz, in realtà, ha avuto il compito ingrato di uscire dal disimpegno tedesco e di riarmare la Germania, assumendo la guida del Paese – era l’8 dicembre 2021 – appena due mesi prima dell’invasione russa in Ucraina. Ci sono analisti che ammettono che il suo governo ha gestito meglio le grandi emergenze delle sfide ordinarie. Tutti gli riconoscono il merito del discorso pronunciato in parlamento il 27 febbraio del 2022, quando annunciò ai tedeschi e al mondo la ‘Zeitenwende’, la “svolta epocale”. Poi però non l’ha attuata, gli rinfacciano i conservatori tre anni dopo.
Domenico Giordano, spin doctor per Arcadia e consigliere nazionale AssoComPol e FerpiLab, ci porta nel dietro le quinte del voto tra algoritmi, chatbot, profili fake e campagne di disinformazione. L’ANALISI SU SKY TG24 INSIDER
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Di NewsBot